Cannabinoidi e dolore neuropatico centrale. Una rassegna - Pathos

Vai ai contenuti

Cannabinoidi e dolore neuropatico centrale. Una rassegna

Cannabinoids and central neuropathic pain. A review
Rassegna clinica
Pathos 2014; 21; 1. Online 2014, March 31
______________________________________________________
Francesco Crestani
SOC Terapia del Dolore e Cure Palliative, ASL 18, Rovigo-Trecenta
______________________________________________________

Riassunto  E' stato identificato, nella seconda metà del secolo scorso, il suo maggiore principio attivo costituito dal delta-9-tetraidrocannabinolo e, successivamente, sono stati identificati recettori e individuati ligandi endogeni detti endocannabinoidi. è da tempo riconosciuto l'effetto dei cannabinoidi, i principi attivi della cannabis, nella sindrome da deperimento nell'AIDS, nonché nel trattamento della nausea e del vomito in corso di chemioterapia per neoplasie. I cannabinoidi, inoltre, posseggono proprietà analgesiche, particolarmente interessanti per quanto riguarda il dolore neuropatico specialmente centrale. L’articolo  esamina le conoscenze attuali in merito ed espone le indicazioni pratiche e le procedure per la prescrizione dei farmaci cannabinoidi.
Summary  Only recently, the medical community highlighted the pharmacological scientific bases of the effects of Cannabis. The most important active principle, Delta-9-tetrahydrocannabinol , was identified in the second half of the last century, and receptors were subsequently identified and endogenous ligands, called endocannabinoids, were characterized. The effectiveness of the cannabinoids in the treatment of nausea and vomit due to anti-neoplastic chemotherapy and in the wasting-syndrome during AIDS is recognized. Moreover, the cannabinoids have shown analgesic properties, particularly interesting with regard to the central neuropathic pain. This article will review the current knowledge and will give practical guidance on how to proceed in prescribing cannabinoids.
Parole chiave Cannabinoidi, delta-9-tetraidrocannabinolo cannabidiolo, dolore neuropatico centrale
Key words Cannabinoids, delta-9-tetrahydrocannabinol, cannabidiol, neuropathic central pain

Introduzione
Il dolore neuropatico
Il dolore neuropatico può essere causato da una lesione o una malattia del sistema somatosensoriale1 e si stima che interessi fino al 7-8 per cento della popolazione europea.2 La più recente rassegna sistematica di studi epidemiologici riporta una stima di prevalenza di dolore con caratteristiche neuropatiche fra il 6,9 e il 10 per cento.3 E’ considerato uno dei dolori cronici più difficili da trattare e con un impatto devastante sul benessere psicologico, la vita sociale e gli altri aspetti correlati alla qualità di vita.4 Il dolore neuropatico può originare da lesioni del sistema nervoso periferico, da insulti tossici e da malattie, e può essere considerato una risposta mal adattativa “...nel senso che il dolore né protegge né promuove la guarigione”.5
L'’approccio terapeutico resta un significativo problema, in quanto questo dolore risponde scarsamente alle terapie correnti. Nei trial clinici randomizzati, non più della metà dei pazienti risponde in maniera significativa alla farmacoterapia, considerando che viene definito un successo il sollievo parziale dal dolore6 e la risposta a molti farmaci non è predittibile,7 inoltre gli effetti collaterali possono limitarne il dosaggio e contribuire a una riduzione inadeguata del sintomo.
Il sistema nervoso può essere lesionato sia a livello periferico che centrale. Il dolore centrale può essere dovuto a lesione delle vie somestesiche a livello del midollo spinale, del tronco cerebrale, del talamo o di altre strutture encefaliche, e si ritiene in genere che la lesione debba interessare le vie spino-talamo-corticali; qualsiasi patologia che interessi queste strutture può essere all’origine di un dolore centrale. Il danno al Sistema Nervoso Centrale (SNC) può essere dovuto a trauma al midollo spinale, quale una sezione trasversa, ma il midollo potrebbe essere interessato anche da compressioni, sirin-gomielia, lesioni vascolari, tumori e sclerosi multipla (SM). Lesioni simili si possono riscontrare a livello tronco-encefalico, come per esempio la sindrome talamica di Dejerine-Roussy, dovuta a insulti ischemici o emorragici a livello del talamo. Altre cause di dolore centrale sono la malattia di Parkinson, l’infezione da HIV e le cause iatrogene (mielopatia post-attinica e interventi sul sistema nervoso quali le cordotomie).8 In particolare i pazienti affetti da sclerosi multipla soffrono frequentemente di dolore sia acuto che cronico, che è stato considerato il sintomo più comune,9-10 con una prevalenza che arriva, secondo stime recenti, all’'83 per cento.11
Esso è responsabile di gran parte del loro handicap e talvolta costituisce causa principale dell’interruzione della loro attività professionale. Le cause del dolore sono difficili da differenziare, ma certi tipi di dolore sono comuni, come la nevralgia trigeminale. presente nel 5 per cento dei pazienti, e la spasticità nel 50 per cento. Più della metà dei dolori osservati nei pazienti con sclerosi a placche è di tipo neurologico, con disestesie, anestesia dolorosa del trigemino, sensazioni brucianti ad arti e tronco, scariche elettriche e fitte. In meno di un caso su cinque il dolore sopraggiunge nel corso di un accesso e regredisce con il trattamento di quest’ultimo. Perlopiù il dolore di tipo centrale è persistente, evolve indipendente-mente dalle crisi e si accompagna spesso ad altri disturbi soggettivi della sensibilità (parestesie) e più raramente a un deficit sensitivo.12
E’ stato peraltro riportato che l’incidenza e la prevalenza di dolore neuropatico centrale raggiunge l'’8-10 per cento dei pazienti colpiti da eventi ischemico-emorragici cerebrali a livello talamico, il 30 per cento dei malati di sclerosi multipla e fino al 30-60 per cento dei mielolesi.13

Cannabis e cannabinoidi
La canapa, in latino “Cannabis sativa” è una pianta che appartiene all'ordine Urticales, famiglia delle Cannabaceae. Il nome discenderebbe dall'assiro qunnubu o qunnabu.14 I botanici hanno stabilito che esiste una sola specie di Cannabis, non essendo state rilevate variazione decisive tra i vari tipi, e così eliminando dalla classificazione la Cannabis indica, varietà che contiene in maggiore quantità i principi attivi. In Europa, la diffusione della Cannabis risale all'Ottocento, in occasione delle campagne militari di Napoleone in Egitto.15
I primi studi risalgono al 1839: O'Shaughnessy, un medico irlandese, somministrava la cannabis a soggetti affetti da diverse patologie, dall'epilessia ai reumatismi, riscontrando un'efficacia anticonvulsivante, analgesica, antiemetica.16 Durante il secolo diciannovesimo e nei primi decenni del ventesimo, la cannabis fu un medicinale di uso comune nella pratica clinica, anche italiana, finché la disponibilità di altri tipi di trattamento (non erano stati ancora scoperti i principi attivi e non poteva esserci standardizzazione della droga base né degli estratti) e, “in maniera importante, la pressione sociopolitica”,17 non portarono al suo declino. Ancora nel 1962 Benigni e collaboratori, nel loro storico trattato di fitoterapia, scrivevano: "“I suoi impieghi terapeutici sono in relazione soprattutto con l'azione analgesica di questa droga, azione molto simile a quella dell'oppio di cui la canapa indiana può essere considerata un succedaneo".18
Di lì a poco, nel 1964, il gruppo israeliano guidato da R. Mechoulam isolava il principio attivo più importante della pianta, ponendo le premesse per una sua rivalutazione scientifica. Alla fine degli anni Novanta, uno dei padri della terapia del dolore, Patrick Wall, scriveva: “Si tratta di un altro rimedio vegetale con una pessima reputazione. Ma oggi sta subendo un’incredibile rivalutazione come analgesico terapeutico che ripete a distanza di venti anni la storia del passaggio degli oppiacei da droghe considerate un pericolo sociale a strumenti terapeutici con un fondamento scientifico”.19

Principi attivi
La pianta Cannabis sativa contiene centinaia di sostanze a varia struttura chimica. Di queste, fino a oggi, sono stati identificati circa 66 composti appartenenti alla famiglia dei cannabinoidi, accomunati da una particolare struttura di 21 atomi di carbonio,20 raggruppati in una classe chimica, quella dei terpenoidi, idrocarburi aromatici contenenti ossigeno, non polari e con bassa solubilità in acqua. Il delta 9-tetraidrocannabinolo, ''ð9-THC '' è stato isolato, come principio attivo della Cannabis21 nel 1964 (Figura 1).
La ricerca sul suo potenziale utilizzo nel campo medico l'ha riconosciuto come responsabile principale delle proprietà farmacologiche della pianta,22 sebbene altri composti contribuiscano ad alcuni di questi effetti, in particolare il cannabidiolo, privo di effetti psicoattivi, ma dotato di attività antipsicotica, analgesica e antiinfiammatoria. Quando il THC è somministrato insieme al CBD vi è una riduzione degli effetti ansiogeni, disforici e dei potenziali effetti sulla memoria.23,24

Recettori e cannabinoidi endogeni
Il recettore cerebrale per i cannabinoidi, denominato CB1, si trova distribuito prevalentemente, ma non esclusi-vamente, nel sistema nervoso centrale e periferico, in parallelo con le strutture cerebrali, la cui messa in opera giustifica molti degli effetti propri dei cannabinoidi. Sono presenti anche in alcuni organi e tessuti, tra cui ghiandole endocrine, apparato riproduttivo, urinario, gastrointestinale.25 Successivamente,  è stato identificato il recettore CB2 sulle cellule immunocompetenti. La sua distribuzione è centrale e periferica, in particolare nelle cellule dell'intestino, del fegato, della milza, nelle tonsille, nei lin-fociti e nei monociti e in particolare nelle mast-cellule.26 Alla scoperta di tali recettori ha fatto seguito, nel 1992, l'identificazione delle sostanze endogene ''leganti'' a questi recettori, denominate endocannabinoidi. Tale termine, che è stato coniato dai ricercatori italiani nel 1995,27 identifica una nuova classe di neuromediatori accomunati dalla capacità di interagire con i recettori cannabinoidi . Questi endocannabinoidi sono derivati dall'acido arachidonico, acido grasso polinsaturo di membrana. Gli endocanna-binoidi sino a ora identificati sono sette, dei quali i più importanti sono l'anandamide (N-arachidonoil etanola-mide ''AEA'') che deve il suo nome alla parola sanscrita ''Ananda'', che significa “stato di grazia”,28 e il 2-arachidonoil glicerolo ''2-AG''.29,30 L' AEA non si lega solo ai recettori CB1 e CB2, ma agisce anche sul recettore vanilloide “PV1''.31 Gli endocannabinoidi, al contrario di altri mediatori chimici, non sono prodotti e immagazzinati nelle micro vescicole, ma vengono prodotti ''su domanda'' dai loro predecessori e quindi rilasciati dal versante post-sinaptico, giungendo al pre-sinaptico dove attivano i recettori. Essi quindi mediano un segnale retrogrado che dal post-sinaptico va al pre-sinaptico. Dopo il loro rilascio, vengono rapidamente disattivati per captazione ''reuptake'' nelle cellule e metabolizzati.32
L’'attivazione dei recettori CB1 porta a una inibizione retrograda del rilascio di istamina, serotonina, glutam-mato, acetilcolina, dopamina, GABA, colecistochinina, D-aspartato, glicina e noradrenalina. Queste complesse interazioni spiegano non solo il gran numero di azioni fisiologiche dei cannabinoidi, ma anche gli effetti farmacologici delle preparazioni di cannabis.33

Farmacologia dei recettori cannabinoidi
E’ stato notato che, in maniera interessante, le nostre prime conoscenze sul sistema del dolore sono derivate dalla ricerca su sostanze analgesiche derivate da piante,  cioè l’oppio (Papaver somniferum) per quel che riguarda la morfina, il peperoncino (Capsicum annuum, C. frutescens, C. chinensis) per la capsaicina, il salice (Salix spp.) per l’acido salicilico, e la cannabis per THC, CBD e gli altri cannabinoidi.34 Le proprietà antinocicettive dei cannabinoidi sono state dimostrate in vari modelli animali di dolore acuto, per esempio usando stimoli termici,35 chimici,36 meccanici,37 e viscerali.38
Sono state studiate le lesioni da legatura cronica, la lega-tura parziale dello sciatico, la legatura dei nervi spinali e altre forme di lesione sperimentale.39 Inoltre, si sono dimostrati efficaci anche nel dolore cronico sia infiammatorio40che neuropatico.41 I cannabinoidi hanno dimostrato di inibire il dolore “potenzialmente in ogni paradigma di dolore sperimentale” in sede sovraspinale, spinale e periferica.17
Le aree del SNC deputate al controllo del dolore sono molto ricche di recettori per i cannabinoidi e la stimolazione di questi recettori attiva un circuito che riduce il dolore.42 I recettori CB1 sono stati identificati su tre strutture: neuroni afferenti primari sia sulle fibre di tipo C che su quelle di tipo Aß/d, gangli della radice dorsale, neuroni intrinseci spinali e terminali (nel funicolo dorsolaterale, nel corno dorsale e a livello della lamina X'), e neuroni che proiettano al cervello (midollo rostrale ventro-mediale, sostanza grigia periacqueduttale, amigdala e talamo). L'antinocicezione indotta dai cannabinoidi agisce sui vari livelli della via sensitiva del dolore attivando le vie antinocicettive.43

A livello spinale, l' effetto analgesico dei cannabinoidi sembra ottenuto dall' attivazione dei recettore k degli oppioidi. Infatti, l'effetto analgesico viene annullato sia dalla somministrazione intratecale di un antagonista del recettore k sia dall'antisiero per il recettore k.44 Sempre a livello spinale, i cannabinoidi bloccano l’'espressione del c-fos in risposta a stimoli nocivi,45 agiscono sui meccanismi di wind-up46 e riducono l’'iperalgesia attraverso l’'inibizione del calcitonin gene-related peptide.47
La sostanza grigia periacqueduttale PAG è una delle aree più fortemente coinvolte nella mediazione dell'analgesia dei cannabinoidi. Ciò può essere dovuto in parte all'ini-bizione diretta del rilascio del GABA nel PAG e nel midollo, in parte può essere correlata all'inibizione del rilascio di glutammato. Infatti, l'iperalgesia indotta dall'antagonista CB1 viene attenuata dalla somministra-zione di antagonisti del recettore NMDA.48, 49
Nel nucleo ventrale-postero-laterale del talamo i canna-binoidi sono dieci volte più attivi della morfina sui neuroni wide-dynamic range, coinvolti nel dolore;50 il sistema dei recettori CB1 è attivo tonicamente e la sua attività aumenta in risposta a stimoli nocivi.51 E' stata dimostrata l'esistenza di un circuito mesencefalico attivato dai cannabinoidi per ridurre la sensazione dolorifica nel midollo rostro ventromediale (RVM).52 Infatti, l'inattiva-zione di questa regione previene l'analgesia da cannabinoidi. L'antinocicezione indotta dai cannabinoidi a livello della via discendente può essere correlata, almeno in parte, al rilascio di noradrenalina. è stato dimostrato che l'effetto antinocicettivo può essere attenuato dalla somministrazione di yohimbina, ma non è influenzato dalla metisergide.53 Un altro meccanismo analgesico indotto dai cannabinoidi è mediato dall'azione della dopamina sui recettori D2 essendo potenziata da agonisti e attenuata da antagonisti selettivi.54
Il sistema endocannabinoide è coinvolto anche nell’anal-gesia da stress.55 In più, sistema cannabinoide e oppioide mostrano un sinergismo mediato dai recettori a livello spinale e sovraspinale.56 Come esposto, a livello spinale i cannabinoidi attivano i recettori k mentre gli oppioidi attivano i recettori µ e d. A livello sovraspinale il sinergismo avviene per attivazione dei recettore µ, indicando che l'analgesia da morfina, che viene mediata prevalentemente da recettore µ, può essere aumentata dai cannabinoidi attraverso l'attivazione dei recettori k. E' stato dimostrato che l'utilizzo dei cannabinoidi riduce la necessità della morfina. Il THC è in grado di ridurre la dose minima efficace (ED50) della morfina del 55%, del metadone del 75% e della codeina del 96%.57 I recettori CB1 sono 10 volte più frequenti nel SNC dei più studiati recettori coinvolti nel dolore, i recettori oppioidi µ.58 Un vantaggio dei cannabinoidi è che i loro specifici recettori, a differenza di quelli della morfina, sono assenti nelle zone del cervello che controllano il respiro, per cui non vi è rischio di depressione respiratoria.59
Diversamente dagli oppioidi, i cannabinoidi non perdono la loro efficacia nel trattamento del dolore neuropatico in quanto meno recettori scompaiono in questa situazione (la distruzione delle fibre afferenti primarie con la rizotomia60o con la somministrazione neonatale di capsaicina61 riduce l’espressione dei recettori CB1 meno di quelli oppioidi). Al contrario, vi è minor espressione dei recettori oppiodi nelle corna posteriori. I cannabinoidi sono altresì coinvolti nel sistema delle risposte immunitarie e infiammatorie, le quali possono agire sulla infiammazione neurogena inibendo la secrezione della sostanza P e attivando il recettore vanilloide (VP1) dei terminali delle fibre afferenti sia centrali che periferiche. Gli endocannabinoidi sono anche in relazione con il sistema della cicloossigenasi; anandamide e 2-acil glicerolo vengono infatti metabolizzati dalla COX-2 per dar origine a prostanoidi pro-infiammatori, anche se la via di metabolizzazione predominante è quella della Fatty Acid Amide Hydrolase (FAAH). In corso di infiammazione vi è un aumento dell'attività della COX-2, che quindi può determinare una riduzione del tono endocannabinoide, e gli inibitori della COX-2 potrebbero ridurre il dolore anche grazie alla riduzione della trasformazione degli endocannabinoidi antinocicet-tivi nei prostanoidi nocicettivi.62 Il sistema endocannabinoide è attivo anche in periferia, ove la stimolazione dei CB1 riduce il dolore, l'’infiammazione e l'’iperalgesia.63

Recentemente è stato visto che i cannabinoidi hanno un maggior effetto sul dolore neuropatico. In modelli animali di dolore neuropatico vi è una up-regulation dei recettori CB1 nelle strutture nervose deputate nell’elaborazione del dolore come la superficie delle corna dorsali ipsilaterali64 o il talamo controlaterale65 aumentando così gli effetti analgesici degli agonisti dei recettori cannabinoidi. L'’up-regulation dei recettori centrali CB1 dopo lesione nervosa indica un ruolo di questi in tali patologie e spiega anche gli effetti degli agonisti per i recettori cannabinoidi sul dolore cronico neuropatico.66 Si ipotizza che nel dolore neuropatico siano più coinvolte le fibre Ad, che sono mieliniche, di piccolo calibro, connesse ai meccanocettori coinvolti nella trasmissione della sensazione tattile alla pressione e presenti solamente nella cute. Sulle fibre Ad vi è una predominanza di recettori per i cannabinoidi rispetto a quelli per gli oppioidi prevalenti nelle fibre C. Questo potrebbe spiegare in parte la maggior potenza dei cannabinoidi nel trattamento del dolore neuropatico.67 Inoltre le vie utilizzate nell’'analgesia mediata da recettori cannabinoidi a livello della zona superficiale delle radici dorsali sono diverse da quelle caratterizzate dall'’analgesia mediata dai recettori oppiodi µ, e questo potrebbe spiegare perché gli agonisti dei recettori cannabinoidi restano efficaci, al contrario della morfina, in modelli animali di dolore neuropatico.68 Recettori CB2 sono presenti sulla microglia, una popolazione di cellule macrofagiche presenti nel SNC che sono funzionalmente e anatomicamente simili ai mastociti.69

La microglia secerne fattori pro-infiammatori e induce il rilascio di vari mediatori (come ossido nitrico, neurotro-fine, radicali liberi) che sono associati con la formazione di nuove sinapsi e nella plasticità neuronale. Durante lo sviluppo del dolore cronico neuropatico il numero di recettori CB2 sulla microglia aumenta , segno che le cellule stanno cercando di catturare la maggior quantità possibile di cannabinoidi presenti nelle vicinanze per alleviare il dolore.70 La microglia sembra essere coinvolta nello sviluppo del dolore neuropatico attraverso il rilascio di diverse citochine, che notoriamente produ-cono sensibilizzazione a livello spinale.71  In maniera interessante, la stimolazione dei recettori CB2 attenua l’attivazione della microglia72,73 e il rilascio di citochine dalla microglia attivata.74,75 In accordo con ciò, gli agonisti CB2 inducono effetti analgesici in modelli di dolore neuropatico76 e riducono sperimentalmente l’'attivazione della microglia nel dolore neuropatico.77 I dati di laboratorio dimostrano il ruolo cruciale dei recettori cannabinoidi CB2 nella regolazione delle risposte immuni centrali in corso di tale dolore.78,79

I cannabinoidi hanno dimostrato un potenziale terapeutico maggiore rispetto agli oppioidi nel trattare la neuropatia diabetica. Il delta-9 THC ha mostrato aumentata efficacia terapeutica antinocicettiva nei ratti diabetici, laddove la morfina aveva efficacia ridotta; inoltre una dose non nocicettiva di delta-9-THC, somministrata insieme alla morfina, aumentava le proprietà antino-cicettive della morfina sia nei topi diabetici che naive.80  Un recente studio di imaging funzionale cerebrale in volontari ha investigato il modo in cui il THC influenza l’'iperalgesia indotta dalla capsaicina. Lo studio suggerisce che “i meccanismi periferici da soli non rendono conto degli effetti dissociativi del THC sul dolore che sono stati osservati. Invece i dati rivelano che l’attività dell’amigdala contribuisce alla risposta…e suggerisce che gli effetti dissociativi del THC sul cervello sono importanti nel sollievo dal dolore negli umani”.81 In altre parole, i cannabinoidi, e il THC in particolare, possono avere effetti differenziali sulle componenti sensoriali (come l’intensità e la qualità) rispetto quelle affettive (spiacevolezza, sofferenza) del dolore.82
Un approccio alternativo per sfruttare il potenziale terapeutico dei cannabinoidi è quello di massimizzare l’effetto degli endocannabinoidi, l'’azione dei quali viene interrotta dal re-uptake e dal metabolismo a opera di vari enzimi, quali la Fatty Acid Amide Hydrolase (FAAH), la monoacilglicerol lipasi (MAGL), e la cicloossigenasi tipo 2 (COX2). Prevenendo il metabolismo o l’'uptake degli endocannabinoidi si aumenta la concentrazione di questi composti nei tessuti e si è prodotta analgesia nei modelli sperimentali di dolore.83  Futuri agonisti selettivi per i recettori CB1 e CB2 periferici potrebbero ridurre gli effetti psicoattivi centrali.84  La ricerca sul sistema endocannabinoide si è negli ultimi tempi evoluta verso il concetto di "endocannabinoidoma", cioè un complesso sistema che include altri mediatori simili agli endocannabinoidi e i loro spesso ridondanti enzimi metabolici e i target molecolari “promiscui”. Questa peculiare complessità del sistema endocannabinoide non ha scoraggiato gli sforzi tesi alla sua manipolazione farmacologica che, tuttavia, sembra richiedere lo sviluppo di farmaci multitarget, o la rivisitazione dei composti naturali con più di un meccanismo d'azione.
Infatti queste molecole, rispetto alle “pallottole magiche”, sembrano offrire vantaggi nella modulazione dell’ "endocannabinoidoma" con modalità più sicure ed efficaci terapeuticamente.85
Come è stato scritto “la storia dell’'industria farmaceutica del ventesimo secolo ...è stata la storia di singole molecole altamente mirate basate particolarmente sull’'obiettivo di ottenere un profilo farmacologico “pulito”, riducendo così gli effetti collaterali e migliorando il rapporto rischio/beneficio. Questo sacro Graal non è stato ancora raggiunto al momento. Le reazioni avverse ai farmaci sono la quarta causa di morte negli USA e provocano circa 25.000 morti all’anno nel Regno Unito...La nostra risposta a questo paradosso è considerare ancora gli estratti di piante come farmaci, laddove gli estratti di queste piante hanno una lunga storia di uso popolare con apparente basso rischio di effetti avversi seri. I cannabinoidi forniscono un eccellente esempio che questo approccio e si coniuga con le richieste di alti standard di qualità delle autorità di regolamentazione ”.86  Ne deriva la rivalutazione del concetto di sinergia così come sviluppato in fitoterapia (l’'interazione fra i diversi componenti, con potenziamento degli effetti benefici e attenuazione degli effetti indesiderabili)87 e di cui la cannabis rappresenta un tipico esempio.88, 89
Oltre al THC e al CBD, infatti, altri fitocannabinoidi possono contribuire all'attività.90 Effetto entourage è il termine usato per descrivere l’aumento dell’efficacia, con miglioramento dell’effetto terapeutico, derivato combi-nando fitocannabinoidi e altre molecole derivanti dalle piante.91 Il cannabicromene, il terzo più importante cannabinoide nella cannabis, è dotato di effetto analgesico92 così come il cannabigerolo,93 ma possono contribuire i terpenoidi, quali il mircene, che è dotato di effetto analgesico, bloccato, al contrario dei cannabinoidi, dal naloxone.94  I terpeni inoltre possono aiutare a mitigare gli effetti collaterali del THC.88
Interessante si è dimostrata recentemente l'azione del ß-cariofillene, uno dei maggiori componenti dell'olio essenziale di cannabis, e che si è dimostrato anti-infiammatorio, agonista selettivo CB2 e sperimentalmente in grado di agire sul dolore neuropatico. Quindi la cannabis produce almeno due sostanze interamente diverse dal punto di vista chimico in grado di agire sui recettori CB2.95,96
All'azione analgesica possono inoltre contribuire anche i flavonoidi.23
Sistema endocannabinoide, neuroinfiammazione e neurodegenerazione
Oltre che a livello sintomatico, si è ipotizzato che i cannabinoidi possano influire anche sui meccanismi di neuroinfiammazione e neurodegenerazione alla base di patologie quali la sclerosi multipla o la sclerosi laterale amiotrofica. Vi è evidenza ormai che classiche malattie neuroinfiammatorie, come la sclerosi multipla, presentano aspetti neurodegenerativi, mentre classici disordini degenerativi quali l’'Alzheimer, il Parkinson e la sclerosi laterale amiotrofica abbiano aspetti anche infiammatori. I cannabinoidi esogeni ed endogeni regolano la funzione del sistema immunitario limitando le risposte immuni. Di converso, i cannabinoidi proteggono l’integrità e la funzione neuronale grazie alla prevenzione del danno eccitotossico. Ci sono sempre maggiori evidenze che il sistema endocannabinoide è coinvolto sia nei processi infiammatori che degenerativi tipici di queste condizioni patologiche, e non solo gioca un ruolo di modulatore nei processi patologici, ma è anche alterato dalle stesse malattie.97
Gli effetti dei recettori CB1 sono maggiori sulla neuroprotezione,98 mentre quelli dei recettori CB2 sono più impor-tanti sulla modulazione della risposta immunitaria,99 sebbene possa esistere una sovrapposizione potenziale così come possa esistere un meccanismo non CB1/CB2 mediato. Quindi gli agenti in grado di modulare i recettori cannabinoidi o gli endocannabinoidi forniscono promettenti opportunità terapeutiche nel trattamento dei disordini infiammatori e del SNC.100,101

Studi clinici (continua a leggere)
Torna ai contenuti