Il dolore nella donna: vulvodinia, dolore pelvico cronico e dolore da parto
Report congressuali
Pain in women:
vulvodynia, chronic pelvic pain and labor pain
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A cura
della Redazione
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Dal 14 al 17 novembre si è svolto a Milano il Congresso Nazionale della Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia e l’Associazione dei Ginecologi Ospedalieri (SIGO-AOGOI), in cui si è affrontato come priorità, per la prima volta,il tema del dolore nella donna.
Si è discusso, in sessioni e corsi intracongressuali, oltre al dolore del parto, il tema del dolore pelvico cronico e la vulvodinia, allo scopo di migliorare la capacità diagnostica e terapeutica dei ginecologi su un fronte ancora troppo trascurato. Su questi argomenti è particolarmente impegnata la Fondazione Graziottin, affiliata a SIGO, che riunisce alcuni dei più autorevoli esperti italiani, con spirito multisciplinare e forte attenzione alla sensibilizzazione degli operatori e delle pazienti.
La vulvodinia
II termine vulvodinia indica il dolore costante o intermittente, riferito alla regione vulvare, di durata superiore ai tre o ai sei mesi, a seconda delle definizioni. II termine include condizioni molto diverse. Interessa il 10-15 per cento delle donne ed è quindi estremamente rilevante per la salute la sua conoscenza nella pratica clinica ginecologica. Può essere spontanea, oppure provocata/peggiorata, dal rapporto sessuale, dalla visita ginecologica ma anche da alcuni tipi di abbigliamento o di igiene intima. Può essere localizzata al vestibolo vaginale: infatti, la causa più frequente è una condizioneinfiammatoria del vestibolo vaginale, nota come “vestibolite vulvare”; al clitoride, e in questo caso si parla di clitoralgia; a zone più limitate e asimmetriche delle grandi e piccole labbra, specie se il dolore vulvare è acquisito e secondario a episiotomia o altri interventi (es. laser vulvare); la vulvodinia può avere allora una componente infiammatoria e neurogena monolaterale.
Si riconoscono fattori predisponenti, fattori precipitanti e fattori di mantenimento. I primi includono le infezioni vaginali recidivanti da candida nonché tutte le altre condizioni infiammatorie (infettive e non) del vestibolo vulvare; l’ipertono del muscolo elevatore, che può essere “miogeno”, ossia espressione di un alterato tono di base congenito o acquisito in risposta a infiammazione vestibolare cronica e/o a dolore, oppure associato a fobia del coito (in tal caso tipico della condizione nota come vaginismo): tutti questi fattori predispongono anzitutto alla vestibolite vulvare. Tra i fattori predisponenti vi possono essere condizioni di patologia cutanea vulvare quali il Lichen sclerosus. Tra i fattori precipitanti, il più frequente e rilevante è il rapporto sessuale: quando causa dolore, si parla di dispareunia. Sono inoltre rilevanti i fattori iatrogeni, tra cui l’episiotomia, il laser vulvare, alcuni trattamenti farmacologici, la radioterapia genitale, vescicale o anale.
Tra i fattori di mantenimento, il più frequente è purtroppo l’omissione diagnostica, cui seguono l’inadeguatezza delle misure terapeutiche, quando non siano etiologicamente mirate, e la non compliance e non aderenza al trattamento, farmacologico, riabilitativo e/o relativo alla modificazione degli stili di vita. La donna affetta da vulvodinia si trova ad affrontare lunghi iter prima di poter ricevere una diagnosi corretta da un medico competente in materia e sapere cosa fare o non fare per non aggravare la situazione, oppure come comportarsi in caso di eventuale gravidanza.
Il dolore pelvico cronico
Il dolore pelvico cronico (CPP) costituisce un problema grave per la donna, una sfida diagnostica e terapeutica per il medico, un problema di notevole rilevanza sociale per i costi, quantizzabili e non quantizzabili, che comporta.
E’ caratterizzato dalla persistenza di dolore, continuo o intermittente, a interessamento pelvico, di durata superiore ai sei mesi. Interessa progressivamente organi pelvici diversi. Indipendentemente dalla prima patologia di esordio (intestinale, vescicale, ginecologica) tende a estendersi a organi e apparati vicini, coinvolgendo quindi molteplici funzioni.
Comprendere le basi fisiopatologiche della comorbilità e della sua progressione nel CPP è essenziale per disegnare strategie terapeutiche etiologicamente e fisiopatologicamente orientate.
L’obiettivo ultimo dei corsi e delle sessioni previste al Congresso è che il ginecologo eviti diagnosi superficiali di tipo psicogeno e mostri nei confronti del dolore un atteggiamento diagnostico attento e rigoroso, con empatia, attenzione, disponibilità proattiva alla valutazione rapida e rigorosa anche delle comorbilità, essenziale per una terapia multimodale efficace. In parallelo, l’obiettivo è di aumentare la fiducia del medico nell’affrontare efficacemente il dolore della paziente e la sua soddisfazione, nel sentirsi protagonista di una diagnosi e di una terapia che possono cambiare decisamente in meglio la vita della donna.
L’analgesia epidurale
Secondo i più recenti dati,1 solo il 16 per cento delle strutture ospedaliere pubbliche e convenzionate offre l’analgesia epidurale alle partorienti. Eppure, l’apprezzamento della tecnica da parte delle pazienti non manca: nelle strutture che offrono questa servizio, in modo gratuito e continuativo, in media il 90 per cento delle partorienti ne fa richiesta. In Paesi quali la Gran Bretagna e la Francia, le tecniche di analgesia epidurale sono utilizzate dal 70 per cento delle partorienti, da1 90 per cento negli Stati Uniti d’America.
La situazione italiana è estremamente varia, sia per l’ampiezza dell’offerta sia per le diverse modalità di rimborso. La Lombardia stanzia 5 milioni di euro all’anno distribuiti a tutti i punti nascita, mediante integrazione del DRG del parto vaginale al fine di promuovere l’analgesia in travaglio in tutto il territorio.
II Veneto, con un meccanismo distributivo analogo, solo nello scorso anno ha stanziato fondi per 1 milione di euro complessivi. L’Emilia Romagna ha emesso delle linee-guida per prevedere un punto nascita che offra l’analgesia epidurale in ogni Provincia. La Sicilia ha emanato un decreto che, rinegoziando i DRG, pone al primo posto il rimborso regionale per il parto spontaneo con analgesia, seguito dal parto spontaneo e poi dal taglio cesareo, nel tentativo di ridurre così il numero dei cesarei, ancora troppo elevato, e di valorizzare il parto senza dolore.
Secondo il sondaggio sul parto, promosso dalla SIGO nel 2009, per un ginecologo su due esiste un legame fra lo scarso ricorso all’analgesia epidurale e l’alto tasso di cesarei.
Bibliografia
1) 65mo Congresso della Società Italiana di Anestesia, Analgesia, Rianimazione Ter. Intensiva (Siaarti), 2010