La gestione del dolore cronico reumatologico nelle malattie reumatiche
The management of chronic pain in rheumatic diseases
Review
Pathos 2010, 17; 4; 2010, Dec 14
__________________________________________________________________
Pasquale De Negri, Tiziana Tirri, Pasqualina Modano, Riccardo Amodio
U.O. Anestesia, Rianimazione e Terapia del Dolore
IRCCS Centro di Riferimento Oncologico della Basilicata, Rionero in Vulture (PZ)
__________________________________________________________________
Riassunto Le malattie reumatiche sono un insieme di patologie che interessano in genere le articolazioni o le strutture anatomiche adiacenti o con esse funzionalmente correlate quali ossa, muscoli, tendini, borse, fasce, legamenti e il cui sintomo principale è rappresentato dal dolore. Un controllo del dolore ottimale rappresenta un prerequisito per il successo terapeutico di numerose malattie reumatologiche. Molti pazienti possono presentare numerose difficoltà in termini di trattamento del dolore e di conseguenza devono essere indirizzati presso un adeguato centro di trattamento del dolore.
Summary Rheumatic diseases are a group of pathologies that usually affect the joints or adjacent anatomical structures or functionally related such as bones, muscles, tendons, bursa, fascia, ligaments, and whose main symptom is the pain. Optimal pain control is a prerequisite for successful therapy of many rheumatic diseases. Many patients may present many difficulties in terms of pain relief and therefore must be addressed at an appropriate pain treatment center.
Parole chiave Malattie reumatiche, dolore, farmaci, FANS, oppioidi, adiuvanti
Key words Rheumatic diseases, pain, drugs, NSAIDs, opioids, adjuvants
Introduzione
Le malattie reumatiche, al primo posto in Italia tra quelle cronico-degenerative, sono state oggetto di un sondaggio presentato recentemente a Milano. Scopo dell’indagine, condotta su un campione di 800 donne tra i 45 e i 65 anni, è stato quello di evidenziare l’impatto delle malattie reumatiche sulla qualità di vita e la gestione del dolore.1 Le caratteristiche del dolore nei diversi tipi di malattie
reumatiche cambiano in rapporto con la natura della malattia e del suo meccanismo patogenetico.
Oggi si sa che assumere un farmaco antidolorifico “al bisogno” senza una precisa raccomandazione medica sul dosaggio massimo da non superare, può esporre al rischio di danni cardiovascolari da abuso di antinfiammatori. Per contro, resistere al dolore e non assumere farmaci espone al rischio di far diventare cronico un episodio doloroso acuto.2
Fisiopatologia
Dal punto di vista fisiopatologico si riconoscono cinque categorie di sindromi dolorose reumatiche:
- Sindromi dolorose infiammatorie
- Sindromi dolorose meccaniche
- Sindromi dolorose da compressione nervosa
- Sindromi dolorose complesse regionali
- Sindromi fibromialgiche
Nelle sindromi dolorose infiammatorie il dolore si presenta nel contesto di un processo infiammatorio acuto o cronico e si associa di solito ad altri segni classici dell’infiammazione (calor, tumor, rubor, functio laesa). Il meccanismo alla base di questo tipo di dolore è un meccanismo chimico e un ruolo importante è svolto dalle prostaglandine e dalla prostaciclina. Rientrano in questa classe di sindromi dolorose le artriti settiche, le artriti da microcristalli e quelle che riconoscono un meccanismo immunitario quali l’artrite reumatoide.
Nelle sindromi dolorose meccaniche il dolore, che si presenta di solito correlato a particolari attività o posture e scompare a riposo o in seguito allo scarico dell’arto interessato, è legato ad alterazioni dell’architettura dell’articolazione che possono essere secondarie a malattie reumatiche di natura infi ammatoria o derivare da processi degenerativi. In un’alta percentuale di casi il dolore lamentato dal paziente rientra nella categoria delle sindromi dolorose da compressione nervosa che può interessare le radici nervose come avviene ad esempio nelle cervicobrachialgie o lombosciatalgie da processi osteofitosici o da erniazioni discali o i nervi periferici come si osserva nelle neuropatie da intrappolamento. Il dolore da compressione radicolare si irradia al dermatomero innervato dalla radice, è accentuato dai movimenti che provocano trazione della radice o che aumentano la pressione intrarachidea. In rapporto alla gravità della lesione nervosa possono associarsi deficit sensitivi e/o motori e alterazione dei riflessi osteo-tendinei. Il sintomo tipico delle sindromi canalicolari è rappresentato dalle parestesie e anche in questo caso il paziente può lamentare alterazioni sensitivo-motorie in corrispondenza di aree limitate innervate dalle fibre nervose interessate. Quando la lesione nervosa è molto grave sia che si tratti di una lesione di una radice che di un nervo periferico, il dolore può assumere il carattere di un dolore da deafferentazione.
Le sindromi dolorose complesse regionali sono caratterizzate da manifestazioni dolorose intense a carattere in genere urente associate a disturbi trofici delle aree interessate (interessamento osseo e di tutti i piani tissutali a esso vicini). Se ne riconoscono forme primitive e forme secondarie a traumi, malattie neurologiche e circolatorie. Alla base del meccanismo patogenetico vi è un’azione irritativa sui nocicettori vasali con conseguente iperattività simpatica con successiva vasocostrizione arteriolare e dilatazione venulare e stasi capillare con edema locale.
Le sindromi fibromialgiche sono sindromi croniche muscolo-scheletriche caratterizzate da dolore diffuso in assenza di sinovite o miosite. Caratteristica è la dolorabilità alla digito-pressione in corrispondenza dei tenderpoints, punti dolenti caratteristici che non provocano mai dolore riferito e irradiato ma rimangono dolenti nella sede di stimolazione. Al dolore si associano astenia, disturbi del sonno, parestesie, deficit cognitivi, depressione e ansietà. Per porre diagnosi di fibromialgia almeno 11 dei 18 tender points esaminati devono risultare dolenti alla digitopressione e inoltre il paziente deve riferire dolore diffuso da almeno tre mesi. Le sindromi fibromialgiche sono determinate da alterazioni quantitative e qualitative del sonno che risulta poco ristoratore, da alterazioni del sistema di modulazione del dolore con riduzione della soglia, stato psicologico del paziente, attività fisica, stress psicofisici.
In un ipotetico trattamento step-up del dolore muscoloscheletrico le linee guida OMS prevedono un trattamento iniziale di tipo non farmacologico, seguito da paracetamolo fino a 4 g/die;3 il paracetamolo permane un farmaco di prima linea per il basso costo e i suoi benefici profili di sicurezza ed efficacia. Poi, qualora si abbia un peggioramento del dolore, vengono somministrati FANS a bassi dosaggi o a dosi piene, oppioidi deboli o forti e adiuvanti. Come adiuvanti intendiamo farmaci che possono aiutare nel controllo del dolore senza tuttavia intervenire direttamente nei meccanismi di analgesia. Tra questi includiamo antidepressivi, benzodiazepine, neurolettici, miorilassanti, anticonvulsivanti, anestetici.
Trattamenti farmacologici
I farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) rappresentano una delle classi più usate di farmaci che agiscono inibendo le cicloossigenasi (Cox 1 e 2): la Cox 1 media la produzione di trombossano A2 nelle piastrine, determinando l’aggregazione piastrinica e la vasocostrizione, mentre la Cox 2, un enzima inducibile presente nelle zone sede di infiammazione, catalizza la sintesi di prostaciclina endoteliale, che contrasta efficacemente il tromobossano A2, determinando vasodilatazione e inibizione piastrinica. Tutti i FANS hanno proprietà antinfiammatorie e rappresentano spesso, a dosaggi sostanzialmente più bassi di quelli richiesti per sopprimere l’infiammazione, il primo trattamento offerto ai pazienti con malattia reumatologica, con lo scopo di ridurre il dolore. Il rischio di tossicità con i comuni FANS può essere ridotto somministrando la minore dose compatibile con il sollievo della sintomatologia algica e riducendo o sospendendo il trattamento una volta che i pazienti hanno ottenuto una buona risposta farmacologica.4,5
Un quesito che viene spesso posto è se i FANS presentino un’azione superiore ad analgesici semplici quali il paracetamolo: numerosi studi fanno propendere per una maggiore efficacia dei FANS soprattutto perché in grado di alleviare il dolore sia a riposo che al movimento e sono particolarmente utili quando il dolore è associato all’infi ammazione. I FANS presentano effetti collaterali, la cui frequenza aumenta con l’età. La tossicità gastrointestinale, dalla semplice dispepsia sino al sanguinamento da erosione o alla perforazione, rappresenta un grande problema. Molti pazienti che non hanno manifestato alcun problema, possono manifestare all’improvviso serie complicanze gastrointestinali e non vi è alcun modo per capire se un paziente sia sul punto di sviluppare problemi seri. L’approccio più ragionevole sembra essere rappresentato dall’associazione di paracetamolo da solo o insieme ai FANS, con l’accortezza di non prolungare il trattamento per lungo tempo e di fare sì che l’anziano o il paziente in non buone condizioni generali evitino l’uso di questa classe di farmaci.
L'uso degli inibitori della Cox 2 è stato limitato al trattamento dei sintomi algici e infiammatori in pazienti affetti da osteoartrosi o artrite reumatoide ad alto rischio di gravi complicanze del tratto gastrointestinale superiore quali emorragia o perforazioni. I dati sinora disponibili non hanno mostrato un beneficio gastrointestinale significativo e consistente degli inibitori Cox 2 rispetto ai FANS; inoltre viene raccomandata una particolare attenzione nell’uso degli inibitori Cox 2 in pazienti con fattori di rischio cardiovascolare (ipertensione, ipercolesterolemia, diabete, abitudine al fumo) e in pazienti con vasculopatia periferica in quanto determinano una riduzione della produzione di prostaciclina e comportano una potenziale alterazione dell’omeostasi coagulativa
creando uno stato pro trombotico.6 L’uso di analgesici narcotici7-10 può trovare impiego anche in reumatologia, tenendo ben presenti alcune limitazioni: infatti il trattamento con oppioide, comportando un adeguato controllo della sintomatologia dolorosa, soprattutto nelle patologie degenerative, potrebbe portare alla perdita “dell’effetto protettivo” del dolore caricando in maniera eccessiva l’articolazione.
Gli oppioidi forti sono stati utilizzati con successo in vari tipi di dolore cronico non oncologico ma sono stati raramente utilizzati in studi controllati. L'uso del fentanyl transdermico è stato provato in pazienti con dolore osteoarticolare di entità media/severa e che richiedevano interventi di protesizzazione di anca o ginocchio. Il fentanyl transdermico11 ha determinato una riduzione del valore della scala VAS e un miglioramento della Western Ontario and Mc Master Universities Osteoarthritis Index (WOMAC) anche se il trattamento è stato accompagnato da nausea, vomito e sonnolenza). Una recente survey della Children’s Arthritis and Rheumatology Research Alliance ha evidenziato come circa il 60 per cento dei medici intervistati fosse contrario all'uso degli oppioidi per il trattamento di pazienti con artrite idiopatica giovanile e con persistenza della sintomatologia dolorosa, nonostante un diverso trattamento farmacologico.
Il timore maggiore riguardava l’incidenza di effetti collaterali o la possibile insorgenza di una sindrome da dipendenza.12
La somministrazione di oppioidi (quali ossicodone, propossifene, tramadolo, morfina, meperidina, fentanyl, o idrossicodone) per il trattamento di dolore a carico della colonna vertebrale è stato studiato su 230 pazienti per circa 3 anni; gli oppioidi hanno ridotto significativamente l’intensità del dolore, senza che si verificasse una dose escalation e quindi senza sviluppo di tolleranza. L'incidenza di effetti collaterali (costipazione e sedazione) è stata lieve e non ha richiesto la sospensione del trattamento terapeutico. Non si è inoltre osservata una tendenza all’abuso. L'uso di morfina solfato a rilascio controllato ha comportato la comparsa di effetti collaterali di minore entità nel 73 per cento di pazienti con dolore di tipo muscolo-scheletrico che non hanno richiesto la sospensione del trattamento, assicurando d’altra parte un’adeguata risoluzione della sintomatologia dolorosa. Molto spesso la rotazione degli oppioidi nei pazienti con dolore reumatologico è da sola in grado di evitare gli effetti collaterali ed evitare la sospensione del trattamento con conseguente peggioramento della sintomatologia dolorosa.
Una recente valutazione Cochrane ha evidenziato come molti pazienti sottoposti a trattamento con oppioidi long-term vadano incontro a effetti collaterali o a un insufficiente sollievo del dolore. Una debole evidenza mette in luce che i pazienti in grado di proseguire il trattamento con oppioidi presentano un migliore sollievo del dolore. Non vi sono tuttavia evidenze relative a una migliore qualità di vita; si è comunque osservata un’elevata frequenza di effetti avversi minori (nausea e cefalea), mentre non sono stati riportati eventi avversi seri quale la comparsa di dipendenza farmacologica.13
Un oppioide atipico come il tramadolo14 somministrato da solo o in associazione con il paracetamolo può essere preferibile nei pazienti anziani a causa dell’aumentata incidenza di sonnolenza e costipazione che si verifica con gli oppioidi. Il tramadolo rappresenta un’opzione per quei pazienti che sono a rischio di effetti collaterali correlati alla somministrazione di FANS, ma sono riluttanti ad assumere oppioidi forti. Il meccanismo d'azione combina l’attività oppioide centrale sui recettori µ con un meccanismo secondario spinale di inibizione della ricaptazione delle monoamine. L’efficacia analgesica del tramadolo è simile a quelli degli oppioidi leggeri come la codeina e il d-propossifene. E’ difficilmente responsabile di tachifilassi ed è utilizzato per il trattamento a medio-lungo termine di dolore moderato-severo.
L'uso del tramadolo cloridrato in pazienti con malattia osteoarticolare del ginocchio, confermata dai criteri diagnostici dell’American College of Rheumatology, ha determinato un miglioramento significativo e clinicamente importante del dolore, della funzione fisica e delle condizioni generali.
Di recente il trattamento con tapentadolo si è dimostrato efficace nel trattamento del dolore moderato/severo da artrosi del ginocchio.15 La combinazione di farmaci analgesici riveste numerosi benefici, tenendo conto delle molteplici vie coinvolte; infatti l’associazione di agenti con differenti meccanismi di azione e con azione centrale e periferica consente di ottenere un più ampio spettro di sollievo del dolore per l’effetto additivo o sinergistico dei diversi farmaci.16,17
Numerosi studi hanno dedotto che la comune combinazione del paracetamolo con la codeina od il tramadolo ha permesso di ottenere un maggiore sollievo del dolore se paragonato all’azione dei singoli farmaci. In particolare l’uso dell’associazione tramadolo-paracetamolo si è mostrato superiore all’associazione codeina-paracetamolo in pazienti con low back pain o con dolore di tipo osteoartritico con minori effetti collaterali.17,18 La stessa combinazione è risultata efficace nel trattamento della fibromialgia, dell’osteoartrite o nel trattamento del dolore da altre cause reumatiche non risolto dai FANS. I trattamenti topici rappresentano una opzione addizionale per quei pazienti che non possono tollerare la terapia sistemica; sia i FANS che la capsaicina che i patch alla lidocaina gel 5% sono efficaci. Vari studi hanno dimostrato che il trattamento per via topica è superiore rispetto al trattamento con placebo; inoltre il trattamento topico raramente causa effetti collaterali sistemici ed è sicuro in pazienti con problemi gastrointestinali preesistenti. Analoghi studi sull’uso della capsaicina topica hanno dimostrato la sua efficacia e la sua buona tollerabilità con notevoli effetti analgesici.19
Il trattamento intraarticolare come la somministrazione di ialuronato sodico rappresenta un trattamento relativamente nuovo nell’ambito dell'osteoartrite del ginocchio, efficace almeno quanto l'uso di FANS orali. La durata dell'effetto analgesico va dagli 8 ai 16 mesi e può essere risomministrato.20
L'uso di farmaci adiuvanti comporta la somministrazione di antidepressivi come l'amitriptilina, antipsicotici come la carbamazepina, anticonvulsivanti come la gabapentina o di cortisonici. Dati derivanti da 41 studi depongono per l'efficacia dell’effetto analgesico degli antidepressivi triciclici. L’effetto analgesico compare alle dosi più basse di quelle comunemente usate per la depressione e con un onset più rapido (una settimana) rispetto al tempo richiesto per l’effetto antidepressivo. Nullo sembra essere l'effetto analgesico correlato alla somministrazione degli inibitori della serotonina (SSRIs). E’ stato invece osservata un'azione analgesica della venlafaxina, un inibitore della ricaptazione della serotonina-noradrenalina. L'esperienza con la gabapentina e attualmente con il pregabalin è ampia e favorevole, così come positivo è risultato l’uso della carbamazepina, della lamotrigina e del topiramato.2 L'infusione di analgesici per via intratecale mediante una pompa totalmente impiantabile rappresenta un trattamento terapeutico sofisticato per quei pazienti che soffrono di dolore cronico severo non responsivo alla terapia medica tradizionale.14
Trattamenti non farmacologici
Nonostante l'efficacia del trattamento farmacologico del dolore, persistono disabilità, distress psicologico, fatica e scarsa qualità della vita. Per questa ragione l’uso di trattamenti di tipo non farmacologico rappresenta una componente chiave della maggior parte dei programmi di trattamento del dolore. Nella maggior parte dei pazienti con alterazioni muscolo-scheletriche programmi di attività fisica quali attività aerobica, flessibilità e rinforzo muscolare giocano un ruolo fondamentale. Approcci psicologici di rilassamento, biofeedback e cognitivo-comportamentali sono spesso utilizzati nell'ambito di altri trattamenti farmacologici e riabilitativi del dolore cronico reumatologico.
L'agopuntura si è dimostrata efficace nella forma severa osteoartritica del ginocchio. Un recente studio ha dimostrato l’efficacia del trattamento con agopuntura con miglioramento del dolore e maggiore capacità di deambulazione.
Conclusioni
Il sollievo del dolore può non essere sempre correlato strettamente al miglioramento della malattia. L'effetto del trattamento del dolore va ben oltre il miglioramento momentaneo del disturbo poiché promuove importanti outcomes sia di salute generale che di funzionalità. Il dolore dovrebbe essere sempre valutato in manieraroutinaria e, se presente, trattato in maniera tale da promuovere un miglioramento sul piano psicologico, fisico e di qualità della vita.
Conflitto di interessi
Gli autori dichiarano che l'articolo non è sponsorizzato ed è stato redatto in assenza di conflitto di interessi.
Published
14th December 2010
Bibliografia
1) Indagine SWG su campione di 800 donne tra 45 e 65 sostenuta da Movimento Italiano Casalinghe e Merck Sharp & Dome, 2010.
2) Fitzcharles MA, Lussier D, Shir Y. Drugs Aging 2010; 27: 471-490.
3) Towheed TE, Judd MJ, Hochberg MC et al. Cochrane Database Syst Rev 2003; 2: CD004257.
4) Haroutiunian S, Drennan DA, Lipman AG. Pain Med 2010; 11: 535-549.
5) Sarzi-Puttini P, Atzeni F, Lanata L et al. Reumatismo 2010; 62: 172-188.
6) Lee H. Harv Heart Lett. 2004; 15: 8.
7) Mahowald ML, Singh JA, Majeski P. Arthritis Rheum 2005; 52: 312-321.
8) Cherasse A, Muller G, Ornetti P et al. Joint Bone Spine 2004; 71: 572-576.
9) Grilo RM, Bertin P, Scotto di Fazano C et al. Joint Bone Spine 2002; 69: 491-494.
10) Lang LJ, Pierer M, Stein C, et al. Ann N Y Acad Sci 2010; 1193: 111-116.
11) Langford R, McKenna F, Ratcliffe S et al. Arthritis Rheum 2006; 54 : 1829-1837.
12) Kimura Y, Walco GA, Sugarman E et al. Arthritis Rheum 2006; 55 :81-85.
13) Babul N, Noveck R, Chipman H, et al. J Pain Symptom Manage 2004; 28: 59-71.
14) Noble M, Treadwell JR, Tregear SJ et al. Cochrane Database Syst Rev 2010; 20; 1:CD006605.
15) Afi lalo M, Etropolski MS, Kuperwasser B etal. Clin Drug Investig 2010; 30: 489-505.
16) Katz N, Hale M, Morris D et al. Postgrad Med 2010; 122: 112-128. 17) Raffaeli W, Pari C, Corvetta A et al. J Opioid Manage 2010; 6: 40-46.
18)Dhillon S. Clin Drug Investig 2010; 30: 711-738.
19) Haroutiunian S, Drennan DA, Lipman AG. Pain Med 2010; 11: 535-549.
20) Hepper CT, Halvorson JJ, Duncan ST et al. J Am Acad Orthop Surg 2009; 17: 638-646.