Idromorfone orale osmotico nello switch di oppioidi per il dolore oncologico - Pathos

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Idromorfone orale osmotico nello switch di oppioidi per il dolore oncologico

Use of oral osmotic hydromorphone
in opioid switch for cancer pain
Rosa Palomba, Cristiano Minucci, Marco Graffi,
Ilaria Santoriello, Emiliana Matania
Dip Assistenziale di Anestesia, Rianimazione, Terapia Intensiva,
Terapia Iperbarica e Terapia Antalgica Università degli Studi di Napoli “Federico II”
Polo Scientifico di San Miniato, Dipartimento di Fisiologia
Rassegna clinica
Pathos 2008, 15; 3: 21-25
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Riassunto  Idromorfone è un oppioide semi-sintetico, potente agonista dei recettori µ; ha una breve emivita (circa 1 ora), ma la formulazione a rilascio controllato orale osmotica, estende la durata d’azione e controlla costantemente il dolore. Obiettivo dello studio era valutare efficacia e sicurezza dello switch da fentanyl transdermico - morfina a rilascio controllato – ossicodone a rilascio controllato a idromorfone. Ventotto pazienti con dolore oncologico incontrollato (VAS=7), che assumevano alte dosi dei suddetti oppioidi, furono inclusi nello studio. A questi pazienti fu somministrato idromorfone a dosaggi proporzionali alla terapia precedente. Lo switch ha prodotto riduzione statisticamente significativa dei valori di VAS e una riduzione degli effetti avversi. I nostri risultati mostrano che lo switch a idromorfone è una strategia sicura, semplice ed efficace.
Summary  Hydromorphone is a semi-synthetic opioid and it is a powerful µ receptor agonist. Hydromorphone has a short half-life (approximately 1 hour), but the controlled release formulation Oral Osmotic extends the duration of action and provides constant pain control. The aim of this study was to assess effectiveness and safety of a protocol for the switch from transdermic fentanyl - controlled release morphine - controlled release oxycodone to oral osmotic hydromorphone. Twentyeight patients with uncontrolled cancer pain (VAS=7), taking high doses of fentanyl, morphine or oxycodone were included in the study. In these patients was administered hydromorphone at doses proportional to previous therapy. The switch produced statistically significant reduction of the VAS values and a reduction of the adverse effects. The identification of the correct dosage of hydromorphone was simple and quick. Our results show that the switch to hydromorphone is safe, simple and effective.
Parole chiave  Idromorfone, formulazione orale osmotica e tecnologia push-pull, switch di oppioidi, dolore oncologico
Key words  Hydromorphone, oral osmotic formulation and Push-pull technology, opioid switch, cancer pain

Introduzione
L’idromorfone è un oppioide semisintetico; è un chetone idrogenato della morfina, da cui differisce strutturalmente per la sostituzione di un ossigeno al posto del gruppo ossidrilico in posizione 6 e per l’idrogenazione del doppio legame 7-8.1 L’idromorfone è stato introdotto nella pratica clinica nel 1926 e, dal 1933, più di 200 studi ne hanno riportato l’efficacia analgesica. Idromorfone è stato usato per molti anni in Nord America, ma è dal suo lancio nel Regno Unito nel 1997 che si è assistito a un suo sempre crescente utilizzo nel dolore oncologico moderato-severo.2 L’idromorfone è un potente agonista dei recettori µ: studi di interazione agonista-recettore hanno dimostrato una percentuale di inibizione della produzione di cAMP del 67% per Idromorfone, sovrapponibile a quella riscontrata per fentanyl (69%) e betaendorfina (71%) contro il 48% della morfina.3
 
L’idromorfone è circa dieci volte più liposolubile della morfina con conseguente maggior penetrazione nel SNC. Si caratterizza per una breve emivita (circa un’ora) ma la formulazione a rilascio controllato push-pull, attraverso il rilascio progressivo nel tratto gastrointestinale distale, garantisce ridotta frequenza di somministrazione, concentrazioni plasmatiche costanti ed estensione della durata d’azione con conseguente controllo costante del dolore.4,5 Il sistema si basa su una compressa a due compartimenti: il compartimento superiore contiene il principio attivo mentre quello inferiore contiene polimeri idrofili e funziona come compartimento di spinta. Il rivestimento esterno è costituito da una membrana semi-permeabile e all’apice della compressa vi è un foro praticato con tecnologia laser. Dopo l’ingestione, attraverso la membrana semi-permeabile inizia l’assorbimento di acqua: a livello del compartimento inferiore l’acqua idrata i polimeri idrofili che si espandono esercitando una pressione sul compartimento superiore, con la fuoriuscita graduale e controllata del principio attivo dal foro. Tale sistema modifica significativamente il profilo farmacologico dell’idromorfone con i seguenti risultati: rilascio costante del farmaco che fornisce un’analgesia per 24 ore con fluttuazioni ridotte tra i picchi, concentrazioni di picco raggiunte in 16 ore, emivita apparente di 8-16 ore, concentrazione allo steady-state raggiunte dopo due giorni di somministrazione senza alcun effetto significativo di cibo o alcool, farmacocinetica proporzionale alla dose per tutti i dosaggi.6-8 L’idromorfone è oggi incluso nelle linee-guida per il trattamento del dolore da cancro;9 è stato altresì utilizzato estensivamente nel trattamento del dolore post-operatori10,11 e, più recentemente è stato studiato come alternativa nel trattamento del dolore non-oncologico.12 Idromorfone è stato confrontato in numerosi studi con morfina, ossicodone, fentanyl e meperidina,2 risultando sempre un potente analgesico, con effetti clinici dose-correlati, e con effetti avversi sovrapponibili agli altri µ-agonisti ma, almeno secondo un recente studio,13 statisticamente meno frequenti rispetto alla morfina. Proprio sulla scia del recente interesse per idromorfone si inserisce la nostra esperienza clinica con questo oppioide, il quale può presentare alcuni vantaggi, anche relativi alla particolare formulazione.

Materiali e metodi
In questo studio autocontrollato abbiamo valutato l’efficacia e la sicurezza di un protocollo per lo switch da fentanyl transdermico - morfina a rilascio controllato - ossicodone a rilascio controllato a idromorfone in una coorte di pazienti affetti da cancro, afferenti presso il nostro Ambulatorio di Terapia Antalgica a causa del dolore incontrollato. Previo consenso informato, nello studio sono stati inclusi: pazienti con dolore oncologico incontrollato (definito da una VAS=7) nonostante l’utilizzo di: almeno 200 µg/ora di fentanyl transdermico da almeno dieci giorni; almeno 500 mg/die di morfina da almeno dieci giorni; almeno 300 mg/die di ossicodone da almeno dieci giorni. Furono esclusi dallo studio pazienti con turbe gastrointestinali che potessero interferire con l’assunzione, l’assorbimento o il transito di idromorfone e pazienti con gravi insufficienze d’organo o metaboliche. Idromorfone, a seguito dello switch, è stato somministrato secondo i seguenti dosaggi di conversione: 1 mg di idromorfone per 5 mg di morfina, 24 mg/die di idromorfone per 50 µg/ ora di fentanyl transdermico, 8 mg di idromorfone per 20 mg di ossicodone. Come farmaco di “salvataggio” è stato somministrato fentanyl OTFC a dosaggio efficace. Gli eventuali adiuvanti in terapia vennero lasciati allo stesso dosaggio. La dose di idromorfone è stata poi titrata per un periodo di tre-nove giorni, tenendo conto che ogni dosaggio di idromorfone veniva somministrato per almeno due giorni per assicurare il raggiungimento dello steady-state. Ai pazienti che richiedevano più di quattro dosi efficaci di farmaco rescue nelle 24 ore fu incrementato il dosaggio di idromorfone di 8 mg/die per volta, fino alla stabilizzazione. I pazienti che, durante il periodo di titrazione, non avevano raggiunto un stabilizzazione del dosaggio furono esclusi dallo studio.
Per ogni paziente furono registrati i seguenti dati: età, sesso, sito primario del tumore, dosaggi di fentanyl, morfina o ossicodone prima dello switch, intensità del dolore tramite scala visiva analogica (VAS) prima dello switch, effetti indesiderati presenti durante il trattamento con idromorfone. L'intensità del dolore è stata poi monitorata al baseline cioè a titrazione avenuta per tutti i pazienti dopo nove giorni dallo switch (T9), dopo sedici giorni dallo switch (T16) dopo quaranta giorni dallo switch (T40) e dopo settanta giorni dallo switch (T70). Sono inoltre stati registrati gli effetti indesiderati presenti durante il trattamento con idromorfone. Le variabili continue su misure ripetute dei parametri in studio sono state analizzate statisticamente con ANOVA utilizzando il test post-hoc di significatività Student-Newman-Keuls (Sigma Stat for Windows v. 3.10); le comparazioni erano considerate statisticamente significative per p <0,050.

Risultati
Dal gennaio 2008 all’aprile 2008, 28 pazienti poterono essere inclusi nello studio. Due pazienti furono esclusi in fase di titrazione per mancata stabilizzazione del dosaggio. Le caratteristiche dei pazienti al reclutamento sono illustrate in Tabella 1. Il dosaggio medio di idromorfone all’inizio del periodo di titrazione fu di 134,2±27,5 mg/die. Tra i 26 pazienti che raggiunsero la stabilizzazione del dosaggio, 4 pazienti necessitarono di un singolo step di titrazione; due pazienti necessitarono di due step; un paziente di tre e un paziente di quattro step di titrazione. Al termine il dosaggio medio di idromorfone oros fu dunque di 138,4±28,3 mg/die. Al T16 i dosaggi rimasero stabili. Al T40, a 10 pazienti era stata incrementata la dose di idromorfone con un aumento medio del 4,44%. Al T70 , rispetto al T40, era stata incrementata la dose di idromorfone a 12 pazienti, con un aumento medio del 5,42%. I dati relativi all’andamento dell’intensità del dolore sono raccolti in Tabella 2. L’analisi ha mostrato riduzione statisticamente significativa della VAS media a tutti i tempi rispetto al T0 (p <0,001); pur significativa era la riduzione al T16 rispetto al T9 (p <0,001) e al T40 rispetto al T9 (p=0,001). Inoltre si riscontra un aumento statisticamente significativo della VAS media al T70 rispetto al T16 (p=0,001), probabilmente attribuibile all’avanzamento della malattia. Gli effetti indesiderati registrati nello studio, sono riportati in Tabella 3.
Lo switch è riconosciuto come metodica efficace per l’esistenza di una tolleranza crociata incompleta tra le diverse molecole di oppioidi, che riconoscono un meccanismo d’azione recettoriale simile ma non uguale. In questo studio abbiamo valutato i risultati di un protocollo per lo switch di oppioidi da morfina - ossicodone - fentanyl a idromorfone in ventotto pazienti affetti da dolore oncologico; i nostri dati mostrano che tale strategia è sicura, semplice ed efficace. Lo switch è stato effettuato per motivi clinici (insufficiente controllo del dolore) che limitavano l’impiego degli oppioidi precedentemente assunti; inoltre tenendo presente lo scarso stato di salute dei nostri pazienti, abbiamo ritenuto potenzialmente pericoloso un ulteriore aumento delle dosi degli oppioidi precedentemente assunti, ad esempio per il documentato rischio di neurotossicità (allucinazioni, delirio). I nostri dati mostrano che nel 93 per cento dei pazienti l’introduzione dell’idromorfone ha prodotto una riduzione statisticamente significativa dell’intensità del dolore; il farmaco si è dunque mostrato efficace e adeguato nell’ambito di una strategia di switch di oppioidi. Questo risultato può essere attribuito alla nota tolleranza incompleta tra oppioidi diversi. Un altro notevole risultato è la particolare semplicità e rapidità con cui può essere effettuato lo switch e individuata la dose corretta; infatti, nel nostro studio, il 71 per cento dei pazienti ha ottenuto un vantaggio significativo in termini di controllo del dolore già con il primo dosaggio assunto; solo per un paziente è stato necessario prolungare il periodo di titrazione al massimo, ovvero nove giorni. Per quanto riguarda poi i progressivi incrementi di dosi registrati ai follow–up, così come il peggioramento del dolore al T70, una possibile spiegazione è da ricercare nella progressione della malattia di base; d’altra parte non ci sentiamo di escludere la possibile insorgenza di fenomeni di tolleranza. E’ stato variamente riportato in letteratura che la rotazione tra oppioidi è efficace per la reversione di effetti avversi nella maggior parte dei pazienti. Questo dato, seppur in assenza di valutazione statistica dato il numero di pazienti a disposizione, è confermato dal nostro studio in cui abbiamo registrato la riduzione di tutti gli effetti indesiderati, in particolare i cosiddetti effetti neurotossici caratteristici dell’uso di alte dosi di oppioidi.

Bibliografia
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