Implicazioni cliniche della farmacogenetica nella terapia con oppioidi
Caterina Aurilio, Pasquale Sansone,Vincenzo Pota
Dipartimento di Scienze Anestesiologiche, Chirurgiche e dell'Emergenza,
Seconda Università di Napoli
Riassunto
Esistono numerose differenze individuali nella risposta alla terapia con farmaci oppioidi. Le ragioni di tale variabilità possono essere ricercate nell’eterogeneità delle patologie trattate, nella non sempre corretta somministrazione del farmaco e nelle differenze farmacogenetiche. La farmacogenetica è lo studio dei geni alla base della variabilità nella risposta ai farmaci e alle terapie. Le variazioni genetiche possono portare a differenze nell’assorbimento, distribuzione, metabolismo ed escrezione dei farmaci, che in definitiva influiscono sull’efficacia del farmaco e/o sulla sua tossicità. Dalla comprensione del ruolo del profi lo genetico di ogni paziente nella diversa risposta ai farmaci oppioidi, potremmo impostare un terapia antalgica target mirata, ottimizzando l’efficacia di ogni molecola e tentando di ridurne al minimo gli eventi avversi.
Summary
There are a lot of individual differences in the effectiveness of opioids. The reasons of this variability could be the heterogeneity of underlying diseases, the ineffective doses administered and finally, an individual’s pharmacogenetics. Pharmacogenetics is the study of genetics in interindividual variability to drug response and therapy. Genetic variation leads to interpersonal variability in drug absorption, distribution, metabolism and excretion, and so affects a drug’s efficacy and toxicity. The understanding of the role and the mechanism of a patient’s genetic background could help us organize a target antalgic therapy in order to optimize the effectiveness of every opioid and reduce the adverse event.
Parole chiave
Farmacogenetica, oppioidi, rotazione degli oppioidi
Key words
Pharmacogenetics, opioids, opioid switching
Introduzione
Le strategie di trattamento del dolore si basano sulle indicazioni fornite dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), secondo cui i farmaci antinfiammatori non steroidei e altri analgesici non oppiacei sono usati come primo gradino, seguiti dal trattamento con oppioidi. Gli oppioidi rappresentano la prima linea terapeutica per il trattamento del dolore da moderato a severo sia acuto che cronico.1
La farmacogenetica del dolore si occupa dello studio dei geni coinvolti nella modulazione dello stimolo nocicettivo e nella variabilità individuale alla risposta ai farmaci analgesici, tra i quali gli oppioidi. I polimorfismi genetici possono spiegare sia la diversità che esiste nelle risposte “normali” a stimoli nocicettivi, sia la predisposizione a una sensibilità “esagerata” al dolore di alcuni individui. Purtroppo non tutti i pazienti rispondono analogamente al trattamento con analgesici; la farmacogenetica offre attualmente la spiegazione ai più comuni fenomeni clinici osservati: differenze individuali nelle risposte ai vari agenti oppioidi sia all’analgesia che agli eventi avversi e cross-tolerance incompleta durante lo switching tra μ oppioidi.2-5
La risposta individuale agli oppioidi è condizionata da:
- polimorfismi del recettore oppioide;
- polimorfismi degli enzimi metabolici;
- polimorfismi delle proteine di trasporto.
I polimorfismi dei recettori oppioidi determinano effetti clinici importanti, come nel caso di polimorfismi dei geni OPRM1 decodificanti i recettori μ per gli oppioidi che sono legati alla variabilità di risposta della morfina; o come i pazienti con un polimorfismo di un singolo nucleotide SNP nel locus A118G di OPRM1 che hanno una variabilità di analgesia associata a morfina, alfentanyl, morfina-6 glucuronide e levometadone. Il polimorfismo A118G SNO del locus OPRM1 si associa a una riduzione degli effetti collaterali (miosi, risposta al dolore sperimentale, depressione respiratoria) e a un aumento del dosaggio degli oppioidi per ottenere una risposta analgesica.6-8 In uno studio eseguito su 145 pazienti con nucleotide SNP C343T del gene ABCB1/MDR1 e A80G SNP del gene OPRM1 gli autori hanno dimostrato che la variabilità dell’analgesia con morfina si associava con entrambi i nucleotidi SNP; inoltre hanno osservato un aumento dell’analgesia nei pazienti che presentavano nei geni due nucleotidi SNP. In questo studio sono stati identificati e classificati gli individui a seconda della risposta clinica alla morfina e a seconda dei nucleotidi SNP presenti nei geni OPRM1, COMT e MCR1: individui con OPRM1 118G SNP, classificati come non responders dovrebbero avere il doppio del dosaggio di morfina previsto, individui con COMT 472A SNP, strong responders, dovrebbero avere un dosaggio di morfina pari a 0,67 del dosaggio di riferimento; individui con entrambi i polimorfismi SNP, responders, dovrebbero avere un dosaggio di morfina pari a 1,33 del dosaggio di riferimento.6,9
I polimorfismi degli enzimi metabolici, in gran parte del sistema enzimatico epatico del citocromo P450 (CYP 450) che media il metabolismo di circa il 40-50% di tutti i farmaci, determinano una notevole variabilità della risposta clinica a diversi farmaci oppioidi. Il sistema enzimatico epatico CYP450 comprende una serie di enzimi ossidativi che catalizzano le reazioni di fase I del metabolismo dei farmaci. In diversi trial clinici, è emerso che mutazioni a carico dei geni di CYP450 sono direttamente associate alla variabilità di risposta ai farmaci oppioidi come: codeina (CYP2D6), tramadolo (CYP2D6), fentanyl (CYP3A5) e metadone (CYP2B6).2,3,7,10,11 Gli enzimi per la metil-coniugazione, catecol O-metiltransferasi (COMT), si associano con la variabilità di risposta alla morfina e tramadolo.
Le P-glicoproteine transporter (P-gp), decodificate dal gene ABCB1 e parzialmente responsabili del passaggio degli oppioidi nel SNC, si associano con la variabilità di morfina, fentanyl e metadone.2-6
Terapia antalgica e dati farmacogenetici
Alla luce di quanto oggi è stato scoperto in merito alla variabilità genetica e alla risposta clinica ai farmaci, si potrebbe instaurare una terapia antalgica tenendo conto dei dati farmaco genetici. Per effettuare un’opportuna scelta terapeutica bisogna distinguere due categorie di pazienti: pazienti opioid-naïve e pazienti già in trattamento con oppioidi. Per i pazienti opioid-naïve dovremmo impostare la terapia antalgica in base all’intensità del dolore, le sue caratteristiche e il tipo di paziente: per esempio, per i pazienti anziani in regime multifarmacologico potrebbero essere utilizzati gli oppioidi non metabolizzati dal CYP450 (morfina, idromorfone o ossimorfone). Se i pazienti in trattamento con oppioidi mostrano inadeguata risposta analgesica e/o eventi avversi importanti, allora bisogna ridurre la dose di oppioidi sistemici e considerare di aggiungere un co-analgesico oppure cambiare la via di somministrazione degli oppioidi o effettuare la rotazione degli oppioidi.
Rotazione o switching degli oppioidi
La rotazione o switching degli oppioidi può migliorare significativamente il bilancio tra analgesia ed eventi avversi, permette la clearance dei metaboliti oppioidi accumulati e l’introduzione di un nuovo oppioide a dosaggi più bassi per una cross-tolerance incompleta. Tale metodica terapeutica è supportata da una review sistematica che indica che più del 50 per cento dei pazienti con dolore cronico con scarsa risposta agli oppioidi riceve un beneficio clinico da un oppioide alternativo. Il ricorso alla rotazione è incoraggiato dai dati emersi in un’inchiesta nella popolazione di pazienti oncologici.11-12
L’80 per cento dei pazienti ha richiesto un singolo switch; il 44 per cento ha provato due o più oppioidi; il 20 per cento ha provato tre o più oppioidi per raggiungere un’analgesia soddisfacente. Recentemente la Cochrane Collaboration ha pubblicato una review sull’utilità della rotazione degli oppioidi nei pazienti con dolore.13 Gli autori concludono che non vi è alcuna evidenza alla base della pratica dello switch, dal momento che in letteratura non sono stati segnalati RCT, ma solo 52 case report, studi retrospettivi e 14 trial controllati. C’è da dire, a vantaggio dello switch, che 13 su 14 trial esaminati riportano come la rotazione migliorasse il controllo del dolore, riducesse gli eventi avversi o riuscisse a ottenere entrambi i risultati. La rotazione va effettuata secondo un protocollo chiaro e ripetibile: calcolare la nuova dose giornaliera di oppioide basandosi sulle tabelle di equianalgesia. Ridurre la dose equianalgesica per tutti gli oppioidi dal 25 al 50%, tranne che per il metadone. Per il metadone, ridurre il dosaggio equianalgesico del 75-90%. Dividere il dosaggio in base alla quantità di somministrazioni giornaliere. Rivalutare la risposta del paziente e titrare la terapia.
Studi clinici di rotazione fra sistemi transdermici
Partendo da questi dati e considerando anche l'individualizzazione del trattamento, i fattori genetici, la relazione tra metaboliti attivi, attività intrinseca, numero e tipi di recettori occupati da una parte ed efficacia, tossicità e tolleranza dall’altra, abbiamo pensato di effettuare uno studio sulla rotazione tra i sistemi transdermici e precisamente tra buprenorfina TTS e fentanyl TTS. I nostri dati hanno evidenziato che, sostituendo la buprenorfina TTS con il fentanyl TTS e viceversa, riducendo il dosaggio del nuovo oppiaceo del 50% rispetto a quello previsto dalle tabelle di conversione, si è ottenuta una riduzione significativa non solo della sintomatologia dolorosa, ma anche dell’utilizzo della rescue medication e degli effetti collaterali. Dei 40 pazienti che sono stati screenati ne sono stati arruolati 32, omogenei per età e per sesso. Tutti i pazienti arruolati hanno completato lo studio e hanno mostrato una compliance del 100% presentandosi sempre alle visite di controllo come da protocollo e attenendosi con puntualità alla terapia prescritta. Per quanto riguarda l’analisi dei parametri di efficacia si è evidenziata, una settimana dopo lo switch dei dispositivi transdermici, una riduzione statisticamente significativa della VAS media settimanale. Una progressiva ulteriore riduzione della VAS media settimanale si è evidenziata alla seconda visita di controllo e alla visita finale; rispettivamente dopo due e tre settimane dallo switch vi è stata una concomitante riduzione anche del punteggio PPI e PRI. In tutti i pazienti vi è stata una riduzione della rescue medication intesa come media settimanale di milligrammi di morfina solfato orale a pronta azione richiesta. Dopo lo switch dei dispositivi transdermici nessun nuovo paziente ha richiesto morfina orale a pronta azione rispetto a chi ne faceva già uso in precedenza.
Vi è stata però una notevole riduzione della quantità di morfina orale a pronta azione richiesta dai pazienti che ne facevano uso prima dello switch, in accordo con la riduzione del livello di dolore e con i vantaggi della rotazione degli oppiacei. La rotazione degli oppioidi transdermici ha determinato inoltre una riduzione degli eventi avversi: vi è stata una riduzione della percentuale dei pazienti con nausea, vomito e stipsi. Infine vi è stata una repentina e totale scomparsa degli altri eventi avversi: le allucinazioni, scomparse già dopo la prima settimana, non sono ricomparse; la sedazione è completamente scomparsa.
Conclusioni
Alla luce di tutti i dati fornitici dalla farmacogenetica e dagli studi clinici si può concludere che non tutti i pazienti rispondono ai trattamenti analgesici, inclusi gli oppioidi; i regimi analgesici dovrebbero essere individualizzati per ogni paziente per ottimizzarne l’effetto e minimizzare gli eventi avversi; la rotazione degli oppioidi è giustificata quando la terapia è inefficace e/o provoca intollerabili eventi avversi.
Bibliografia
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13) Quigley C. Opioid switching to improve pain relief and drug tolerability. Cochrane Database of Systematic Reviews. 2004;(3): CD004847.