Cefalea cervicogenica. Studio osservazionale longitudinale su 553 pazienti - Pathos

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Cefalea cervicogenica. Studio osservazionale longitudinale su 553 pazienti

Cervicogenic headache.
Longitudinal observational study on 553 patients
Studio osservazionale
Pathos 2022; 29, 3. Online 2022, Dec 13
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Claudio Santoro,1 Michela D’Oro 2
1 Laboratorio di Neurologia Funzionale
2 Laboratorio di Biomeccanica
Centro Ricerche Disfunzioni Meccaniche, Osteolab Benevento
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Riassunto
Il mal di testa cervicogenico è un disturbo di comune diffusione. Si stima che in Europa colpisca il 68 per cento circa degli adulti (53 per cento di cefalea e 15 per cento emicrania), di cui circa il 2-5 per cento in forma cronico-refrattaria.1 I pazienti che ne sono affetti sono spesso indotti a utilizzare in modo improprio e protratto farmaci da banco, con conseguenze anche gravi: oltre a predisporre quadri di comorbidità complessi, influenzano in modo significativo sia la progressione della malattia (cronicizzazione) che le strategie terapeutiche.
Lo studio (osservazionale longitudinale) si riferisce alle 553 richieste di intervento per mal di testa (o dolore cervicale) pervenute al nostro centro nel periodo gennaio-dicembre 2019. I dati raccolti hanno consentito di riconoscere il mal di testa come ingenerato dalle lesioni funzionali di determinati distretti neuro-muscolo-scheletrici e vascolari (classificati come DC1, DC2, DC3), a loro volta connesse al blocco funzionale (anche noto come conflitto di faccette articolari, blocco in malposizione o sublussazione) dei processi articolari di C0-C1-C2-C3. La medicina manuale è risultata efficace nel trattamento del dolore non solo in fase acuta, ma anche e soprattutto in fase subacuta e cronica.
Summary
Cervicogenic headache is a common disorder affecting about 68 per cent of adults in Europe (53 per cent headache and 15 per cent migraine), of which around 2-5 per cent are chronically refractory.1 Patients who suffer from it are often induced to use over-the-counter drugs with even serious consequences: in addition to predisposing complex comorbidities, improper use of medications significantly influence both the progression of the disease (chronicity) and the therapeutic strategies.
The study (longitudinal observational) refers to the 553 requests for intervention for headache (or neck pain) received by our center in the period January-December 2019. The data collected made it possible to recognize the headache as generated by the functional lesions of certain neuro-musculoskeletal and vascular districts (classified as DC1, DC2, DC3), in turn connected to the functional block (also known as joint facet conflict, block in malposition or subluxation) of the articular processes of C0-C1-C2 -C3. Manual medicine has proved to be effective in the treatment of acute, subacute and chronic phases.
Parole chiave
Cefalea, dolore cervicogenico, approccio multidisciplinare, terapia farmacologica e manuale
Key words
Headache, cervicogenic pain, multidisciplinary approach, drug and manual therapy

Introduzione
Si definisce "cervicogenico", il mal di testa la cui insorgenza è determinata da alterazioni della funzione meccanica del rachide cervicale. I disordini e i dolori miofasciali cervicali sono spesso ignorati o sottovalutati in sede anamnestica, così impedendo di verificarne il ruolo e l’influenza che essi hanno sul mal di testa del paziente. Parlare di alterazioni meccaniche significa affermare la presenza di disfunzioni neuro-miofasciali in carico a singoli muscoli o intere catene, tali da ingenerare non solo una lesione della funzionalità nervosa, metabolica e circolatoria della fibra muscolare (oltremodo rigida), ma anche una limitazione indotta della capacità articolare di vertebre attigue e, con essa, del flusso arterioso vertebro-basilare ovvero della trasmissione dell’impulso nervoso. Esistono connessioni tendineo-muscolari, nervose e vascolari peculiari tra il rachide cervicale superiore (C1-C2-C3) e la testa (C0): un’accurata valutazione del rachide cervicale, soprattutto in presenza di dolori e rigidità, consentirebbe non solo di comprendere meglio la natura degli attacchi di mal di testa, ma anche di adottare idonee strategie d’intervento. La tipica mobilità del rachide cervicale è ciò che maggiormente lo espone al deterioramento:
- micro e macro traumatismi del quotidiano;
- posizioni di fissità protratte nel tempo;
- movimenti scorretti, stereotipati e ripetuti in automatico;
- sedentarietà.
Il prolungamento temporale dello stato di alterazione compromette l’esecuzione del gesto motorio, causandone la tipica sintomatologia:
  • Dolore usualmente emicranico, di tipo pressorio o trafittivo, a tratti pulsante;
  • Sviluppo postero-anteriore che, dal collo o dall’area sub-occipitale, sale fino ad arrivare:
  1. lungo la teca cranica parietale, sul vertice della testa (repere “bregma”, intersecazione della struttura coronaria con quella sagittale mediana)
  2. dalla mastoide, sulla tempia stesso lato (repere “pterion”, punto d’incontro della sutura dell’osso parietale con la grande ala dello sfenoide, la squama del temporale e il parietale)
  3. dalla fossetta occipitale, sul sopracciglio stesso lato (repere “nasion”, punto mediano della sutura naso-mediana),
I muscoli più colpiti da queste disfunzioni neuro-miofasciali:
- elevatore della scapola;
- splenio della testa e del collo;
- muscoli suboccipitali;
- omoioideo;
- sternocleidomastoideo;
- trapezi;
- sovraspinoso;
- infraspinoso;
- paravertebrali e intrascapolari;
- piccolo e grande rotondo (con interessamento del nervo radiale ed estensione di effetti parestesici al gomito-braccio-mano).
I sintomi sono soliti:
- comparire o esacerbare tra le tre e le cinque del mattino;
- avere intensità moderata o severa, con andamento fluttuante.
In soggetti che non praticano attività fisica/sportiva, questa condizione è ricollegabile a un irrigidimento strutturale legato alla perdita di tono e trofismo muscolare per effetto di una vita evidentemente sedentaria (sempre gli stessi movimenti, eseguiti nello stesso modo ovvero posizioni di fissità protratte nel tempo), talvolta caratterizzata da stati di forte tensione emozionale, obesità, fumo, alcol, eccetera.
Il discomfort che ne deriva porta inevitabilmente a un innalzamento transitorio dei valori della pressione arteriosa, i cui effetti sono stato riconosciuti come potenziali fattori di cronicizzazione del dolore.2

Obiettivi dello studio
Sebbene sia tra i disturbi a maggior impatto e diffusione sociale,3 il mal di testa è spesso mal definito e mal diagnosticato.4-6 In letteratura l’erronea diagnosi viene addebitata alla presenza contestuale di sinusite, allergie o stati tensivi.7 Ma è proprio a quest’ultimi che, nella medicina basata sulle evidenze, vengono addebitati quei disordini meccanici da cui hanno luogo lesioni funzionali del tratto cervicale rachideo, troppo spesso concomitanti all’insorgenza o all’esacerbazione del mal di testa. Al fine di fissare parametri ulteriori di riflessione e valutazione, con questo studio si è inteso:
Endpoint primario: definire in che termini (quantitativi e qualitativi) le lesioni della funzione meccanica (DC1, DC2, DC3) incidono sull’insorgenza del dolore.
Endpoint secondario: definire il blocco funzionale di C0-C1-C2-C3 biomarcatore del mal di testa (cervicogenico).
Endpoint terziario: verificare l’efficacia della medicina manuale nel trattamento delle lesioni funzionali correlate al dolore.

Materiali e metodi
Al progetto sono stati ammessi tutti i pazienti che abbiano richiesto un intervento mirato al trattamento del mal di testa.Lo studio si è sviluppato come segue:
Accesso e registrazione del paziente.
Raccolta dati anamnestici, iter terapeutico già affrontato e situazione clinica attuale.
Dolore segnalato.
Quadro A
Mal di testa prevalentemente emicranico sempre presente, a giorni facciale: occhio, zigomo, temporale (contrassegnato come A1).
Più forte al mattino con manifestazioni ipniche. Presenza di sbandamenti (o vertigini posturali) con intensità variabile nel corso della giornata (contrassegnato come A2).
Nausea. Esacerbazione del dolore spesso accompagnato da aumento della pressione arteriosa. Dolore pregresso presente in media da almeno 3 anni.
Quadro B
Mal di testa prevalentemente frontale, fino a quattro attacchi settimanali. Più forte al mattino con intensità variabile nel corso della giornata. Sensazione di stordimento sempre presente. Rigidità alle spalle, più forte al mattino e la sera. Esacerbazione del dolore spesso accompagnato da aumento della pressione arteriosa. Dolore pregresso presente in media da 6-8 mesi.
Quadro C
Mal di testa prevalentemente sotto-occipitale, fino a due attacchi di mal di testa a settimana. Più forte al mattino. Sensazione di pesantezza alla testa sempre presente. Rigidità di tronco e spalle sempre presente. Pesantezza alle braccia e parestesia alla mano. Dolore pregresso presente da 12-16 mesi.
Valutazione e registrazione delle lesioni funzionali in essere, riferite al distretto cervicale interessato (contrassegnato come DC).
DC1 – Limitazione in lateroflessione e rotazione, rigidità monolaterale elevatore della scapola, splenio del collo, lunghissimo del collo, scaleni, trapezio e sovraspinoso, blocco in malposizione di C1/C2/C3/C4, 1^ costa/D1.
DC2 – Limitazione in flessoestensione, rigidità bilaterale paravertebrali, lunghissimi del collo e trapezi, blocco in malposizione C3/C4/C5/C6/C7/D1.
DC3 – dolore in esecuzione di flessoestensione, lateroflessione e rotazione del capo, con rigidità bilaterale di trapezi sovraspinoso, sottospinoso, intrascapolari e sottoscapolari, piccolo e grande rotondo, blocco in malposizione C4/C5/C6/C7/D1/D2/D3/D4, 1^ costa.
Definizione iter terapeutico
La proposta di un modello alternativo di valutazione del dolore fonda le sue basi sulla necessità di evitare una diagnosi incoerente, ovvero di creare un rapporto di relazione tra lesione funzionale clinicamente rilevabile, lesione strutturale (eventuale) strumentalmente registrata e sensazioni definite dal paziente.

Diagnosi alla presentazione
Il 69,43% dei pazienti (384 su 553), ha presentato una diagnosi pregressa, formulata presso centri specializzati nella cura del mal di testa:
- Emicrania senza aura, 85 pazienti (15,37%);
- Cefalea di tipo tensivo cronica, 84 pazienti (15,18%);
- Emicrania cronica, 67 pazienti (12,11%);
- Cefalea mista (emicrania + cefalea di tipo tensivo), 41 pazienti (7,41%);
- Cefalea a grappolo episodica, 23 pazienti (4,15%);
- Nevralgia trigeminale, 17 pazienti (3,07%);
- Cefalea cervicogenica, 16 pazienti (2,89%);
- Emicrania con aura, 14 pazienti (2,53%);
- Cefalea ipnica, 13 pazienti (2,35%);
- Cefalea a grappolo cronica, 11 pazienti (1,98%);
- Cefalea attribuita a ipertensione arteriosa, 7 pazienti (1,26%);
- Cefalea di tipo tensivo episodica, 4 pazienti (0,72%);
- Emicrania cronica parossistica, 2 pazienti (0,36%);
Di sicuro interesse è rilevare che, prima di accedere alla struttura, secondo prassi consolidata, ciascun paziente, su indicazione o meno del medico curante o dello specialista di fiducia, ha assunto farmaci specifici (triptani e derivati dell’ergot) o non specifici (analgesici, Fans) che, in linea di massima, non si sono rivelati in grado di produrre gli effetti desiderati.

Analisi procedurale
In ambito non farmacologico e in ottica rieducativo-funzionale, condotta una valutazione delle condizioni iniziali, sono stati strutturati due bracci di trattamento, definiti in relazione alle necessità terapeutiche:
Braccio A, primario: terapia manuale (osteopatia e chiropratica);
Braccio B, integrativo (eventuale): chinesiterapia (rieducazione della funzione motoria)
L’iter terapeutico è stato strutturato come segue:
• Terapia manuale (TM) – tutti i pazienti sono stati trattati con un numero di sedute (in media una seduta di trattamento a settimana) e tipologia di tecniche definite in relazione alle necessità presentatesi, con follow-up a quindici giorni dalla fine dell’ultimo trattamento.
• Chinesiterapia (C) – laddove necessario, i pazienti sono stati sottoposti a test muscolari tesi a valutare capacità di equilibrio e coordinazione motoria, di esecuzione di uno specifico gesto motorio, di espressione della forza. Per ciascun paziente è stato elaborato un programma di lavoro teso a correggere la funzione motoria (C1) oltrechè consentire lo scarico tensivo (C2).
Il protocollo d’intervento non ha richiesto l’utilizzo di farmaci. Le tecniche di terapia manuale sono state mutuate dalla letteratura osteopatica e chiropratica, opportunamente combinate tra loro. La terapia domiciliare assegnata ha previsto l’utilizzo di fonti di calore (cerotti, cuscini o pomate riscaldanti) da applicare in loco, opportunamente accompagnate da idonei esercizi di scarico e allungamento muscolare.
Come indicatori di esito dell’intervento sono stati considerati: la variazione della frequenza della cefalea (definita come riduzione del numero di giorni di cefalea al mese ovvero come riduzione della frequenza degli attacchi) e dell’intensità della cefalea (definita da una scala analogica visiva o dalla valutazione numerica di una scala da 0 a 10).

Terapia Manuale
Studi condotti sull’efficacia della terapia manuale nella risoluzione delle disfunzioni motorie correlate al dolore,8 suggeriscono: da un lato di selezionare le tecniche manipolative da utilizzare in relazione alle attuali condizioni generali del paziente (stato di salute, capacità motorie, sintomi denunciati, alterazioni funzionali registrate, ecc.); dall’altro di utilizzare quelle stesse secondo necessità ed opportunità, di graduarle in base al feedback del paziente, all’iter terapeutico (così come definito) ed all’esperienza clinica dell’operatore. Nel trattamento dei disturbi tipici del mal di testa cervicogenico [25],9 modulando adeguatamente grado, arco di movimento, forza, direzione e velocità, si ritiene sia utile contemplare due fasi d’intervento:
1. neuro-muscolare e connettiva, che contempla mobilizzazioni tissutali lente, progressive e prolungate, con movimenti delicati ma decisi, rispettosi o meno della direzione di fibra, all’uopo associati a pressioni ischemiche, tali da indurre:
- il ripristino della mobilità dei tessuti salvaguardando il movimento tissutale fisiologico (risoluzione delle aderenze in essere);
- l’orientamento delle fibre di collagene nel modo più idoneo, così da resistere ai carichi di natura meccanica (aumento delle capacità elastiche tissutali);
- la stimolazione dei meccanocettori per inibire i messaggi afferenti nocicettivi (eliminazione del dolore);
- la produzione di iperemia locale per diminuire il dolore e regolare il flusso di substrati e metaboliti (eliminazione delle tossine infiammatorie), influenzando notevolmente le proprietà del flusso viscoso del collagene.
2. articolare, che punta inizialmente al raggiungimento di un arco di movimento non doloroso tale da stimolare l’orientamento delle fibre di collagene (incremento dell’agitazione del liquido tissutale, prevenzione o risoluzione di aderenze tra fibre, effettuazione di stiramenti longitudinali, ripristino della normale funzione, riduzione di eventuali corpi mobili liberi); quindi il raggiungimento del massimo arco disponibile (barriera funzionale), prolungando per qualche secondo la permanenza in posizione, così da determinare l’allungamento permanente del collagene (interruzione delle aderenze capsulari, riduzione del dolore e miglioramento della funzione). In ultima analisi una manovra di minima ampiezza e massima velocità sviluppata alla fine dell’arco di movimento (barriera strutturale), tale da sbloccare l’articolazione, riducendo lo spostamento intra-articolare, eliminando la condizione di compressione e iperpressione (interruzione di aderenze periferiche), così limitando al massimo ogni fattore di rischio10,11 e ripristinando una funzione completa e indolore.

Risultati
I dati statistici rilevati attraverso il presente studio osservazionale, oltre a dimostrare la validità del protocollo e l’efficacia delle tecniche, hanno evidenziato una riduzione significativa della sintomatologia iniziale. Di 553 pazienti valutati (314 femmine, 239 maschi), si è registrata una media di:
- 12,5 giorni di sofferenza pregressa (crisi);
- 8,23 punti dolore in entrata;
- 0,43 punti dolore in uscita;
- 1,3 sedute di terapia praticate, utili al recupero della funzione.
Pazienti trattati
- 553 pazienti totali
- 314 femmine,
- 239 maschi
Tipi di dolore
- 426 casi hanno riferito effetti come da quadro A (mal di testa temporale), di cui 177 casi con variante
a. 67 casi, variante A1 (simultrigeminale),
b. 89 casi, variante A2 (sbandamenti o vertigini posturali),
c. 21 casi, ambedue le varianti A2 e A1 (A 2+1);
- 61 casi, come da quadro B (mal di testa frontale),
- 66 casi, come da quadro C (mal di testa sotto-occipitale)
Frequenza attacchi
- 427 casi, dolori presenti in media 6-7 giorni su 7
- 60 casi, in media 3-4 giorni su 7
- 66 casi, in media 1-2 giorni su 7
Tempi dolore acuto
- 61 casi con periodo medio di sofferenza superiore ai 30 giorni (+30),
- 66 casi con periodo medio di sofferenza ricompreso tra i 20 ed i 25 giorni (20-25),
- 270 casi con periodo medio di sofferenza ricompreso tra i 10 ed i 12 giorni (10-12),
- 156 casi con periodo medio di sofferenza ricompreso tra i 3 ed i 5 giorni (3-5)
Dolore iniziale
- 160 casi con dolore 10 su scala VAS,
- 299 casi con dolore 8 su scala VAS,
- 94 con dolore 6 su scala VAS
Focus
- 426 casi catalogati come DC1,
- 61 casi catalogati come DC2,
- 66 casi catalogati come DC3
Sedute condotte
763 complessive di cui:
1) 711 ordinarie
a. 224 (160 casi) con intensità dolore 10
- 3 sedute in 4 casi
- 2 sedute in 56 casi
- 1 sedute in 100 casi
b. 389 (299 casi) con intensità dolore 8
- 3 sedute in 1 caso
- 2 sedute in 88 casi
- 1 seduta in 210 casi
c. 96 (94 casi) con intensità dolore 6
- 2 sedute in 2 casi
- 1 seduta in 92 casi
2) 52 integrative
a. 19 con intensità dolore 10
b. 22 con intensità 6
c. 11 con intensità 2
Tempi di recupero post terapia manuale
- 426 casi, entro 6 ore
- 66 casi, entro 18 ore
- 61 casi, entro 36 ore
Follow up
- 517 casi, nessun dolore o fastidio (N) = 0
- 11 casi, stato tensivo (ST) = 2
- 8 casi, dolore sporadico (DS) = 6
- 17 casi, crisi (C) = 8
Sedute integrative post terapia manuale
- 20 casi, 1 seduta
- 10 casi, 2 sedute
- 4 casi, 3 sedute
- 1 caso, 4 sedute
- 1 caso, 6 sedute


Conclusioni
I dati raccolti in questo studio si sono rivelati di evidente e univoca interpretazione: è possibile ottenere un recupero pieno della capacità funzionale in totale assenza di dolore in fase acuta, ma si va ben oltre quando si parla di fase subacuta e cronica:
- 517 pazienti (93,47%) hanno ottenuto un recupero completo;
- 11 pazienti (1,98%) un buon recupero seppur con qualche forma di rigidità muscolare;
- 25 (4,52%) hanno riferito episodi di dolore al follow-up, di cui:
A) 8 pazienti (1,46%) un buon recupero, sebbene segnato da episodi di dolore sporadico e transitorio;
B) 17 pazienti (3,09%) un buon recupero, sebbene segnato da crisi che necessitano di un nuovo intervento in correzione.
Le manovre articolari, sono state utilizzate in tutti pazienti con ristrettezze fisiologiche di movimento vertebrale, generalmente associate a dolore vertebrale spontaneo ed a sintomatologia segmentaria (totalità del campione), anche in piena fase infiammatoria. Condotte sulle zone direttamente interessate dalla lesione, hanno consentito un immediato ripristino della capacità escursionale articolare con annesso miglioramento della sintomatologia dolorosa riferita.10,11,14 Il movimento ripetuto tipico della mobilizzazione e il rapido gesto manipolativo, inoltre, hanno avuto efficacia riflessa nei confronti dei muscoli intrinseci sottocipitali, paravertebrali e del distretto cervico-dorso-costale, così vincendo lo stato tensivo che è proprio dell’articolazione quando viene portata nei gradi massimi di escursione, con o senza movimento finale di thrust.

Conflitto di interessi
Gli autori dichiarano che l'articolo è stato redatto in assenza di conflitto di interessi.
Nota degli autori
Sono state svolte analisi statistiche volte a confrontare i livelli di sofferenza rilevati al baseline (media di entrata=8.2386) e al follow-up (media di uscita=0.4339). Per richiedere i dati, scrivere a: micheladoro@hotmail.it
Published
13th December 2022
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